sabato 30 gennaio 2016

Non è dissezionando i petali della rosa che si conosce la sua bellezza

Il gallo canta e il cane abbaia: ecco ciò che tutti sanno. Ma neppure una grande intelligenza conosce quale sia stata l'evoluzione di questi suoni, né può prevedere la loro futura evoluzione. Però le analisi delle cause e dei fini inducono a pensare che la piccolezza suprema sfugga a qualsiasi paragone e che la grandezza suprema non possa essere circoscritta.
La comparsa della vita non può essere evitata, la venuta della morte non può essere respinta. Vita e morte sono ciò che più ci toccano da vicino, ma noi non ne comprendiamo la ragione.
In verità, queste due opposte tesi sono soltanto ipotesi che servono per esprimere il dubbio giacché, risalendo all'origine del mondo, io incontro l'infinito; cercandone la fine, incontro ugualmente l'infinito. 
Questi due infiniti che oltrepassano l'ambito della parola riposano sullo stesso principio che governa gli esseri.


La tesi che vi sia un Creatore del mondo e la tesi contraria non sono che parole la cui portata si limita all'ambito degli esseri.
Il Tao non simboleggia l'esistenza, ma l'esistenza non lo nega assolutamente. Allo stesso modo il nome del Tao non è che un'ipotesi gratuita, poiché la tesi che vi sia un autore del mondo e la tesi contraria non considerano che il minuscolo mondo degli esseri. 
A entrambe le ipotesi sfugge il Grande Principio.


Se la parola bastasse, basterebbe parlare del Tao tutto il giorno per raggiungerlo, ma se la parola non basta, anche parlandone tutto il giorno non usciremo mai dall'ambito degli esseri. Questa visione suprema del Tao e degli esseri né il silenzio né la parola possono sostenerla poiché trascende sia la parola, sia il silenzio. Essa si situa al di là di ogni discorso dell'uomo.
Tratto dallo Zhuang-zi

venerdì 29 gennaio 2016

L'esploratore del Rio delle Amazzoni

L’esploratore era tornato dalla sua gente, e tutto il paese era ansioso di sapere tutto del Rio delle Amazzoni.
Ma come poteva egli esprimere con le parole i sentimenti che avevano invaso il suo cuore nel vedere fiori di strabiliante bellezza e nell'udire i suoni della foresta di notte?
Come comunicare ciò che aveva provato nel suo cuore nell'avvertire il pericolo delle belve o nel condurre la sua canoa per le acque infide del fiume?


Per quanto provasse a trovare le espressioni giuste, proprio non sapeva esprimere le emozioni incredibili che aveva provato lungo i mesi di esplorazione.
Allora disse: «Andate a vedere voi stessi. Niente può sostituire il rischio personale e l'esperienza personale».
Tuttavia, pressato dalle richieste della molte persone che volevano anche loro partire per il Rio delle Amazzoni, per guidarli, tracciò una mappa del fiume.
Essi presero la mappa e, dopo averlo lungamente ringraziato, l’incorniciarono e l’appesero in municipio.
Tutti ne fecero delle copie personali.
E chiunque aveva una copia si considerava un esperto del Rio delle Amazzoni: non conosceva forse ogni svolta e curva del fiume, e quant'era largo e profondo, e dov'erano le rapide e dove le cascate?


L'esploratore visse per tutta la vita nel rimpianto di aver tracciato quella mappa.
Sarebbe stato meglio se non avesse disegnato nulla.
Si dice che Buddha rifiutasse fermamente di lasciarsi indurre a parlare di Dio.

Conosceva probabilmente i rischi di tracciare mappe per potenziali studiosi.

mercoledì 27 gennaio 2016

Il Tempio delle mille campane

Su di un'isola a due miglia dalla costa sorgeva un tempio. E aveva mille campane. Campane grandi, campane piccole, campane modellate dai migliori artigiani del mondo. Quando soffiava il vento o infuriava la tempesta, tutte le campane del tempio suonavano a distesa, all'unisono, producendo una sinfonia che mandava in estasi il cuore dell'ascoltatore.
Ma, con il passare dei secoli, l'isola sprofondò nel mare e, con essa, il tempio e le campane. Un'antica leggenda narrava che le campane continuarono però a suonare senza sosta e che chiunque ascoltasse attentamente poteva udirle.


Ispirato da questa leggenda, un giovane percorse migliaia di miglia, deciso ad udire quelle campane. Per giorni sedette sulla spiaggia, di fronte al posto dove una volta sorgeva il tempio, e ascoltò, ascoltò, con tutto il cuore. Ma tutto ciò che riuscì a sentire fu il rumore delle onde che si frangevano sulla spiaggia. Esso sovrastava ogni altro rumore.
Fece ogni sforzo per non udirlo, così da potere sentire le campane. Ma tutto invano; il rumore delle onde, con il suo gorgogliare, ritrarsi e rifrangersi sembrava invadere l'universo. Ad un certo punto, addirittura, si levò il vento, che alzò enormi cavalloni, il cui boato pauroso rimbombava per tutta la spiaggia. E non da meno fu la risacca che ne seguì, che con il suo monotono sciabordio compose una nenia tormentosa.
Il giovane perseverò per molte settimane. Quando si perdeva d'animo si recava ad ascoltare i sapienti del villaggio che parlavano con devozione della leggenda delle campane del tempio e quelli che le avevano udite e dimostravano che la leggenda era vera.
E il suo cuore s'infiammava nell'ascoltare le loro parole... solo per scoraggiarsi di nuovo quando settimane di ulteriori tentativi non davano alcun risultato.
Alla fine decise di rinunciarci. Forse non era destinato ad essere uno dei fortunati che sentivano le campane. Forse la leggenda non era vera. Sarebbe tornato a casa riconoscendo il proprio fallimento. Era il suo ultimo giorno e si recò nel suo posto preferito sulla spiaggia per dire addio al mare e al cielo e al vento e agli alberi di cocco. Si sdraiò sulla sabbia, con lo sguardo rivolto verso il cielo, ascoltando il fragore del mare.
E quel giorno non oppose resistenza a quel rumore. Invece si abbandonò ad esso e trovò che era un rumore piacevole, rasserenante. Ben presto si perse talmente il quel rumore da non essere quasi più cosciente di sé, tanto profondo era il silenzio che quel suono produceva nel suo cuore.


E nella profondità di quel silenzio, lo sentì! Sentì il tintinnio di una campanella, seguito da un'altra e un'altra e un'altra ancora... Il rumore, che arrivava dapprima incerto, rapidamente si rafforzò, assumendo echi ora solenni, ora gioiosi... Ecco che ognuna delle mille campane del tempio suonava a distesa in un glorioso unisono e il suo cuore fu rapito dalla meraviglia e dalla felicità...

lunedì 25 gennaio 2016

La condivisione dell'amore - Liberamente tratto da uno scritto di Barry Kapke

                                                      Tutto ciò che noi siamo è il risultato
                                                      di tutto ciò che abbiamo compiuto
                                                                        Buddha
                          
I fiori e gli alberi hanno sole e pioggia per aiutare il loro fiorire. Come esseri umani, noi dovremmo avere l’amore che ci aiuta a crescere e ad essere. Se noi erigiamo delle barriere al dare e ricevere amore, noi, nella nostra follia, possiamo inibire tanto noi stessi che quelli che ci amano, dall’esprimere quell’amore. Quando noi viviamo nel vero essere, che è il ‘Sé’, noi realizziamo il nostro potenziale ad amare e ad essere amati. Talvolta noi ci neghiamo l’esperienza di amare, perché temiamo che se riceviamo amore, potremmo essere o diventare indegni di esso e così lo perdiamo…
In questo modo noi neghiamo il nostro proprio essere, cioè il nostro ‘Sé’.
Solamente quando non avremo più bisogno di un Sé centrato sui pensieri ed azioni allora saremo pronti a condividere l’amore con le nostre controparti, aiutandoli a realizzare il loro stesso ‘essere-Sé’, ed aiutando così anche la realizzazione del nostro stesso essere-Sé. 


Nell’atto di condividere amore, ognuno di noi accetta che l’altro abbia gli stessi diritti che abbiamo noi, e così noi non saremo gelosi dei conseguimenti degli altri, ma daremo loro il benvenuto e li condivideremo come frutto dell’amore. Nell’atto di condividere amore, noi non cerchiamo le imperfezioni dell’altro. Noi cerchiamo le nostre stesse imperfezioni e daremo loro il benvenuto, aiutando la nostra controparte a superare anch’essa quelle imperfezioni; così, noi ci aiuteremo l’un l’altro a crescere perché cambieremo la nostra funzione primaria, che non sarà più quella di soddisfare le nostre necessità ma quella di prendere in considerazione le necessità della nostra controparte, dandole così una priorità uguale alla nostra.
In un tale atto di amore condiviso, potremo usare i nostri corpi per creare una bellezza che entrambi si potrà condividere, e così diventarne parte, perché in questo atto non c’è alcun soggetto e nessun oggetto, in quanto entrambi ci faremo uno attraverso l’unione dei due.

Sfortunatamente, non è comune per la società insegnare ciò. Ma questo non significa che noi non si possa fiorire come i fiori, perché se noi viviamo la nostra vita al massimo, completando il nostro essere-Sé, non rifiuteremo ciò che la vita ci presenta, anzi useremo le nostre esperienze per aiutare la nostra maturazione.

Ecco quello che ho visto domenica quando hai fatto il trattamento su Valentina.
Sidrea

La foto è tratta dal libro di Leo Buscaglia "Condividere in Amore"

venerdì 22 gennaio 2016

Una esperienza di amore autentico - Post di Rossana Salomoni

Domenica, durante la scolastica del 2° anno di Naturopatia Umanistica® & Shen Training®, vedere te, Pino, fare un libero è stata la scena d'amore più autentico che io abbia mai visto. 

Inizialmente ero concentrata sui tuoi gesti, per imparare, poi vedere il tuo sguardo non spostarsi mai dagli occhi della ragazza sulla quale stavi operando mi ha riempito il cuore, soprattutto pensare e rendermi conto di quanto ricevo io durante il percorso personale con te.

Mi sento veramente molto grata per questo, ancora non mi sono capacitata del fatto che una cosa così bella stia succedendo a me.

Durante le videoconferenze con le allieve della scolastica Usa, le ragazze americane si commuovono a vederti e ad ascoltarti attraverso uno schermo, io ho la possibilità di essere in percorso con te e questa cosa mi fa commuovere.
Mi sento ancora all'inizio, ma percepire e provare ad ascoltare il mio cuore è meraviglioso.
Quando entro all'Ego Center so che non potrà succedermi nulla di brutto, so che ne uscirò con qualcosa in più su cui riflettere, con un sacco di fiducia, con la convinzione che posso essere forte  e soprattutto con tanto amore che sento nel petto.
 Sono molto fortunata a ricevere tutto questo, non saprei apprezzare così tanto la mia vita se non avessi conosciuto persone come te, i miei compagni e gli altri Operatori e Docenti.
All'inizio del primo anno di scolastica non capivo perché Monia piangesse raccontando la sua esperienza, ora capisco quanto piene di gratitudine fossero le sue lacrime.

È così straordinario quello che sta succedendo, mi emoziona così tanto che non posso fare a meno di cercare di coinvolgere le persone della mia vita come con il progetto "Insieme per Creare Armonia". 
Credo che davanti ad una possibilità del genere esista solo una risposta, ed è sicuramente "sì", come quel "sì" che ci hai consigliato di dire all'inizio di una nuova giornata per accoglierla e sfruttarla per mettere in pratica i nostri buoni propositi.

Grazie Pino, sono contenta di essere riuscita ad abbracciarti.

Rossana